WRITING

Intervista a Chob (BBS – THE – FIA – WMD) – Bologna
di Pietro Rivasi

Chob è sinonimo di writing a Bologna da metà anni ‘90 grazie al suo stile inconfondibile ed alla costante presenza per le strade, che ne fanno, ancora oggi, un punto di riferimento internazionale per la scena.
Tag
Chob
Crew
BBS - THE - FIA - WMD
Città
Bologna

Intervista a Chob (BBS – THE – FIA – WMD) – Bologna

Title:

Description:

WRITING

Intervista a Chob (BBS – THE – FIA – WMD) – Bologna
di Pietro Rivasi

Chob è sinonimo di writing a Bologna da metà anni ‘90 grazie al suo stile inconfondibile ed alla costante presenza per le strade, che ne fanno, ancora oggi, un punto di riferimento internazionale per la scena.
Tag
Chob
Crew
BBS - THE - FIA - WMD
Città
Bologna
ChobPendolino-IBC.jpg

Quando hai sviluppato interesse verso il writing e/o arte urbana più in generale?

Ho iniziato a notare i graffiti nelle strade e sui muri di Londra agli inizi degli anni ’90. Passavo lunghi periodi in Inghilterra e mi ricordo che stavo appiccicato al finestrino della metropolitana mentre guardavo i muri del lungo linea e già avevo capito che c’erano nomi ricorrenti: Fume, Teach, Coza erano ovunque e lo trovavo molto affascinante. Nel quartiere di mia zia c’era questo Does che scriveva un po’ ovunque ed io ho iniziato cercando di copiare le sue tag su dei fogli di carta.

Poi in prima superiore mi regalarono un diario della Uniform (un brand scolastico di allora tipo la Seven) che era tutto graffitato e pieno di immagini tratte dal libro Subway Art. Cercavo di ricopiare quei graffiti e cercavo invano di capire come funzionavano. Per sentirmi anch’io parte di questo mondo staccai un tappino dal deodorante di mia madre, gli feci un buco e ci feci una collanina che mi mettevo sempre.

Come era la situazione nella tua città all’epoca, c’erano già segni riconducibili a questi movimenti quando tu hai cominciato?

Iniziai a fare il pendolare tra Imola e Bologna in prima superiore. Siamo nel 1991. A Bologna i graffiti c’erano già da qualche anno e infatti i muri del lungo linea ferroviario erano già pieni di disegni. Li guardavo sia all’andata che al ritorno da scuola, sceglievo il lato migliore dove sedermi nel treno e mi gustavo la carrellata di graffiti come se ogni giorno fosse il primo. Ricordo i capolavori di Deemo e di Rusty, uno su tutti il famoso Bombin dove al posto della lettera “O” c’era un puppet di una ragazzina bionda con in mano una bomba. Quello è stato il graffito di cui sono stato più a lungo innamorato.

Bombin di Rusty e Dayaki Bologna 1993 - Foto archivio Texas - Urbaner
Bombin di Rusty e Deko 164 – Bologna 1993 – Foto archivio Texas

Iniziando a frequentare l’Istituto d’arte, in pieno centro a Bologna, venni finalmente a contatto con altri writers, tra cui il Longe, che divenne un po’ il mio mentore, e Oida 257, che era al Liceo Classico nel portone affianco al nostro.
Inoltre iniziai a rimanere a Bologna nei weekend, ospite dai miei zii o da qualche amico.

Scoprii l’Isola nel Kantiere in via Indipendenza quando però era già stata chiusa e sgomberatata. Il Bestial Market, un vecchio mercato degli animali occupato che divenne poi il primo Livello 57, me lo fece conoscere un amico, e li mi ricordo che c’erano un sacco di graffiti, tra cui spiccava un SXM di Deemo che avrò consumato con gli occhi per quanto l’ho fissato; il posto era proprio dietro casa dei miei zii e quindi mi tornava facile andarci spesso. Al DAMS di via Guerrazzi, ci capitai più tardi, quando avevo già preso più confidenza con la città di Bologna e lì, sulla parete maestra del suo cortile interno, restai folgorato dalla murata di Rusty, l’ormai storico Pets Revenge con tanto di maialino che fugge dal macello perchè non voleva diventare una salsiccia; ogni fuga che avrei poi fatto da scuola, l’avrei passata a guradare e riguardare quel pezzo.

Pets Revenge - Rusty - Archivio Texas
Pets Revenge di Rusty al DAMS, Bologna – Archivio Texas

Quali sono i primi segni che hai visto dal vivo e ti hanno colpito e perché?

Sono sempre stato molto affascinato dalla pulizia del tratto dello spray, dai colori e dai soggetti. Rusty usava spesso un verde acqua come over-line nei suoi pezzi e io me ne andai letteralmente in fissa dal momento che i colorifici non avevano spray con quella tonalità. Ho cercato quella tinta ovunque, senza mai riuscire a trovarla, finchè mi svelarono che erano spray tedeschi, le Sparvar, che venivano importate e vendute direttamente dallo stesso Rusty…ecco come si aprivano delle vie preferenziali. Era tutto magico e misterioso, carpivi informazioni molto lentamente a differenza di oggi che puoi avere il mondo in tasca con un click.

Credi che ci siano stati dei locali o delle situazioni, istituzionali o meno, che possano aver contribuito al loro sviluppo?

A Bologna i writer hanno sempre collaborato con le giunte di quartiere, con gli assessori e a volte anche con i politici, perchè tradizionalmente è una città aperta e pronta alle novità.

Io da bravo ribelle non avevo alcun interesse nel collaborare con le istituzioni; volevo fare i graffiti dove mi pareva e non dove mi davano il permesso, sfonda dove non è concesso si rappava ai tempi!

Col tempo ho riconosciuto che in fondo anche questi buoni rapporti tra writer e istituzioni hanno aiutato la scena a crescere e ad evolversi. I graffiti non vengono visti come puro vandalismo ma come una forma artistica un po’ scomoda, non vendibile e quindi un po’ naif.

La città ha una scena grande rispetto al numero dei suoi abitanti e quindi i graffiti sono tanti e spesso sono tag sui muri del centro. Anche qui si parla sempre di writer buoni (quelli che fanno i murales legali sulle facciate dei palazzi) e di writer cattivi (quelli che si drogano e fanno tag incomprensibili sui palazzi del ‘700).
Io una volta non vedevo di buon occhio le situazioni istituzionali, ma col tempo mi sono reso conto che sono un tassello importante di questo mondo. Penso all’associazione Tinte Forti, loro partecipano ai bandi e hanno dipinto piccole stazioni come Argelato, Bazzano, Crespellano, Medicina. Quelli che un tempo consideravo come i writer della domenica, quelli delle murate patinate con tanto di scaletta, che vedevo un po’ come dei toy, oggi li riesco ad apprezzare perché concepisco il loro sbattimento nel tenere viva la cultura, organizzando iniziative, facendo le murate sbattute che snobbavo fino a 10 anni fa. Ora vedo che fa tutto parte della stessa cosa, e le loro mosse hanno contribuito a fare avere alle persone una percezione più positiva dei graffiti, anche se la vera anima del writing resterà sempre l’illegale.

Nel tempo, come è evoluto il tuo rapporto con queste forme d’espressione?

I graffiti sono la mia più grande passione nonostante faccia moltissime cose nella vita. Li trovo sempre affascinanti e anarchici nonostante abbiano perso un po’ della loro magia per colpa della globalizzazione e di internet. Sono orgoglioso di esserne parte e magari di aver pure contribuito alla loro crescita.

Hai una opinione rispetto al modo nel quale queste forme si sono evolute nell’arco degli anni, fino ad oggi?

Penso spesso a come i graffiti si siano inseriti tranquillamente nei nostri costumi e nella nostra cultura. Sono anni che vengono usati nelle pubblicità più costose, quelle delle automobili, o nella moda.

Oggi i graffiti sono nelle gallerie d’arte e l’artista contemporaneo più famoso è un writer: Banksy. I graffiti si continuano ad evolvere e questo è un bene, penso a Moses & Taps, Utah e Ether, Rage e i 1UP ecc. che hanno portato nuovi modi di raccontare, nuovi modi di comunicare.

Non so cosa succederà domani, ma so che già 15 anni fa si parlava di graffiti is dead… direi che dobbiamo aspettare ancora molti anni per questo. I graffiti mutano, sono in continua e soprattutto LIBERA evoluzione, è ciò li mantiene sempre vivi.

C’è un pezzo, una tag, che per te meriterebbe di essere riconosciuto istituzionalmente come rilevante dal punto di vista socio-storico-artistico-culturale per lo sviluppo di queste forme d’espressione ?

Come ti ho accennato prima metto Bombin di Dayaki e Rusty (lungolinea fuori dall’ex L57) e il muro di Rusty nel cortile del DAMS.

Poi farei diventare i muri del lungolinea di Bologna patrimonio Unesco insieme ai portici che già lo sono!

Uno dei personaggi fondamentali per lo sviluppo della scena dell’Emilia romagna è senza dubbio Rok, che ha frequentato a lungo Bologna. È stato anche per te un incontro importante?

Ho visto Rok per la prima volta nel 1996 alla jam In Linea al nuovo Livello 57. Quello è stato un evento molto importante per la cultura dei graffiti in Italia: c’erano Honet, Opak, Noah, Pure, tutti i romani, i milanesi ed i fiorentini. Era un momento particolare nel quale la scena dei treni italiani stava prendendo la sua forma, ma in quell’occasione sapevo solo che Rok era uno che dipingeva treni con Ciufs, che all’epoca scriveva Treno.

In Linea Jam bologna 1996 - Xplicit Grafx
Uno dei muri dipinti per la jam “In Linea” al Livello 57: Nol, Pane, Sugo, Honet, Tyson, Noah, Milk – Bologna 1996 – Courtesy of Xplicit Grafx

Vicino casa mia, c’era uno spot chiamato la rete dove ogni tanto lasciavano dei vagoni per la manutenzione: quello era il posto di Treno. Lui era un po’ più grande di me, e quando a scuola girava voce che erano andati a dipingere, andavo li per vedere i pezzi.

Treno e Rok (DH) Suburbana 95 - Bologna - Archivio Rok - Urbaner
Treno e Rok (DH/TCS) su un vagone della Suburbana nel deposito di San Vitale, circa 1995 – Bologna – Archivio Rok

Fu lì che per la prima volta vidi un Rok. Il posto si vedeva anche da fuori, senza dover entrare, e noi andavamo, con lo zoom della macchina fotografica, per fare delle foto. E mi colpì molto vedere quanto fosse diverso dagli altri: lettere semplici, simmetriche e, a differenza di adesso, molto pulito. Ma quello che veramente mi colpì di lui, quando poi lo conobbi, fu la sua attitude. Rok mi dimostrò che non era necessario essere un b-boy o un rapper per appartenere a quel mondo. Lui faceva già un sacco di pannelli e si vestiva come cazzo voleva; se lo beccavi ad una jam a dipingere su un muro “con permesso”, fidati che era lì solo per scroccare quante più bonze possibili da usare poi in yard.

Avevo bisogno di uno come lui che mi spingesse a staccarmi dalla filosofia Newyorkese, quella che molti milanesi e poi bolognesi avevano sposato grazie alle influenze di Phase 2 e Vulcan nei periodi trascorsi in Italia, e che mi “approvasse” nell’allontanarmi dalle regole tedesche che erano state importate da Dayaki e Rusty durante i lori viaggi a Monaco.

Stava arrivando per me il tempo di ringraziare tutti i pionieri italiani per i loro lavori ma di incamminarmi su una strada diversa; Rok mi spinse in quella direzione, ma fu il Longe a farmi fare il grande salto nel momento esatto in cui mi mostrò il suo ultimo acquisto: Sabotage. Non potete capire!

Sabotage – Le graffiti art sur les trains d’Europe – 1996
Sabotage – Le graffiti art sur les trains d’Europe – 1996

Quel libro mi ha aperto un mondo, perché ci diceva che non dovevamo per forza sottostare alle “regole” che ci arrivavano da Zona Dopa o dai king dell’epoca, ma che potevamo anche essere diversi. Quel volume fu la dimostrazione che non era necessario essere un b-boy o un rapper per appartenere a quel mondo: zero pantaloni larghi, zero cappellino all’indietro e zero felpa dei Riders con cappuccio. In quel libro sacro c’erano le foto di writer svedesi che erano tutti metallari, con magliette heavy metal e capelli lunghi, finlandesi che rubavano nei negozi bevendo birra, perennemente con la paglia in bocca, e trovavo tutto ciò più affascinante rispetto a quelli che andavano ai concerti coi baggy pants e facevano i graffiti con pergamene e puppet.

Quando poi, in una sera del 1996, ebbi la fortuna di portare a dipingere in Ravone Honet e Pum, decisi che era ora di cambiare sketch. All’epoca avevo ancora uno stile “complicato”, poco comprensibile, come quello del pezzo sul famoso pendolino, ma dopo aver visto i due francesi all’opera, mi si sono aperti gli occhi ed ho iniziato a guardare quello che facevano i writers, o sarebbe meglio dire bombers, in Francia e in Svezia.

Ecco, in questo modo credo si possa capire bene che Rok è stato un tassello fondamentale per il mio sviluppo.

Volevo chiederti qualcosa ancora rispetto ai luoghi classici legati allo sviluppo della scena di Bologna…

I luoghi classici che tutti collegano ai graffiti di Bologna li ho frequentati molto, ma più per il loro valore alternativo che per il loro legame al mondo hip hop italiano. Andavo al LINK a ballare Aphex Twin, Squarepusher, i dj della Reflex e della Warp, ma ad esempio non sono mai andato al 2 the beat. Quel mondo li col basco, le fly girl, tutti puppettosi, non mi è mai interessato. Quando sei ragazzino sei anche un po’ estremista e fai delle scelte categoriche, mi piaceva ballare la techno e frequentare la scena rave. Credo di essere stato alle serate della Zona Dopa solo due volte: alla seconda ho preso pure gli schiaffi e sono dovuto scappare via, quindi ulteriore conferma che non era il mondo che cercavo.

Le nuove generazioni a Bologna hanno aperto nuove strade che le precedenti non avevano ancora tentato ed una di queste penso sia stata la Suburbana. Puoi raccontarmi qualcosa dal punto di vista storico su quella linea, che prima di voi era sostanzialmente intonsa?

Guardando le riviste vedevamo che nelle grandi città c’erano le metro e i tram, mentre noi avevamo oltre alle FS solo la Suburbana, con dei vagoni particolari e soprattutto con una colorazione rosso blu che spaccava! Forse per questo l’abbiamo mitizzata molto, era la nostra metropilitana leggera, anche se in realtà erano due linee diesel marcissime, una che andava a Vignola e l’altra a Portomaggiore.
Da quanto mi ricordo, prima di noi BBS, oltre ai pezzi dei trevigiani di cui si parla su All City Writers, sono andati solo DeeMo e Rusty ma furono beccati dalle guardie a San Vitale ed è per questo che poi Rusty non dipinse più panneli. Questo narra la leggenda almeno… non gliel’ho mai chiesto.
Poi so che Ciufs andò con qualcuno, ma poi cominciammo ad andare noi, assiduamente, perché non andava nessuno ed avevamo un po’ più di sbuzzo.
Capimmo che per essere writer ci si doveva muovere in un certo modo: studiare il posto e gli orari, magari avere un palo, controllare come si muovevano le guardie.

Abbiamo fatto un minimo, e già quel poco per l’epoca ti rendeva un militare, e basta, è finita: per un anno e mezzo abbiamo fatto tutto quello che volevamo e solo dopo hanno iniziato a cambiare gli orari e abbiamo fatto qualche fuga.
Un aneddoto interessante è che uno di noi, penso Fes, conobbe uno che lavorava nei magazzini delle pulizie nel periodo in cui facevo i pezzi col l’alfabeto russo che mi ero un po’ studiato, e i pulitori cancellavano su ordine dei superiori tutti i simboli russi che mettevo come le lettere in cirillico, le stelle rosse, perché secondo loro erano scritte di estrema sinistra, dei centri sociali. Ma solo quelle, i pezzi li lasciavano.

THE con simboli sovietici sulla Suburbana - Foto Diego Veronesi 1998
THE con simboli sovietici sulla Suburbana – Foto courtesy of Diego Veronesi, 1998

Insomma poi ci dicevano “si bravi ma a dipingerla per primi siamo stati noi” e noi rispondevamo “si bravi, voi avete fatto un pezzo e noi 2000”.

Chob sulla Suburbana di Bologna - circa 1997 - Archivio Grom
Chob sulla Suburbana di Bologna – circa 1997 – Archivio Grom

Ci siamo anche dedicati molto a dipingere sui lungolinea della suburbana, sopratutto Grom ne pittava un botto, è stato tra quelli che si è concentrato maggiormente su quei muretti difficili che tutti snobbavano. Lui se fosse stato un po’ più estroverso e se avesse avuto un carattere più simile al mio, avrebbe cambiato una generazione.

È talmente diverso e avanti anni luce che non è stato capito; gli unici che lo capivano eravamo noi. Solo io, Gek e Fish pensavamo che i suoi Oil fossero una cosa incredibile, ma gli altri pensavano che fosse una bestemmia.

Grom lego trota Urbaner Centro Studi Culture Urbane Graffiti Writing Suburbana treni
Lego e Oil sopra Hell di Longe, del quale resta solo l’elefantino, e quel che rimane di “Boss” di Trota, Suburbana di Bologna, circa 1999. Archivio fotografico Grom

A me hanno più volte detto che le nuove generazioni bolognesi erano delle capre perché come riferimenti avevano noi e non gli SPA: “ora basta un argento e un nero, sapere usare un fat cap per essere un writer”.
Abbiamo creato dei mostri per qualcuno, soprattutto per il Texas!!!
Un po’ come a Milano, tutti i writer coi quali ho dipinto all’inizio dipingevano in quel modo perché si ispiravano a Dumbo e agli altri VDS, non ai CKC. Fatcap e Hardcore.
In strada tag semplicissime a fat cap con colori improbabili. A Milano c’erano i bravi e una marea di porcherie, noi a Bologna penso fossimo messi molto meglio: pochi ma buoni.

L’Emilia Romagna era molto manierista per quanto riguarda i graffiti… pensa a Rimini, non c’e nessuno che usa meglio gli spray di Eron, che conoscevano davvero tutti anche negli anni ’90. Tutti lo conoscevano, anche chi non sapeva nulla di graffiti. Oppure si parlava dei puppet di Deemo.
Pochissimi parlavano delle lettere e dei throw up finchè noi abbiamo portato la cultura della calligrafia delle tag, a parte la cosa dei treni.
Abbiamo iniziato a fare le tag come dio comandava, mentre allora si privilegiava la tag veloce col tratto sottile, magari fatta tutta d’un fiato. Abbiamo iniziato a vedere la città con altri occhi e ad usare i fat cap.
E poi a usare marker diversi dai Pilot: Done nel ’96 aveva i primi pennarelli, quelli grigi con la punta larga e io, il mio primo, lo presi proprio da lui. Nel ’97 in inter rail invece conobbi il tipo di Bomber Magazine e tutti gli altri, Jake.. che si costruivano i marker.

Poi Gizmo, Goat, Sober in Francia che ci insegnarono una serie di cose e un paio di anni dopo ho conosciuto Amaze e Grey. Quando ho conosciuto questi ho capito che Bologna mi stava stretta. Ho imparato girando e conoscendo gente, fossi rimasto qui sarei stato un artigiano dello spray, mentre mi sono spinto fuori, come anche tutta la mia generazione Trota, Done, Dork, Ens, Longe, Panda… abbiamo iniziato ad uscire dalla comfort zone.

E tornavo a Bologna e mi sembrava noiosissimo dipingere i treni e non vedevo l’ora che mettessero le recinzioni con gli allarmi e le guardie coi cani.
Poi le cose sono cambiate davvero e vabè, è stato buffo!

Ma nel ’96 dopo la ronda sempre alla stessa ora, potevi fare le grigliate in yard, l’unico pericolo era essere rapinati da quelli che vivevano nei treni.
Nell’estate del ’98 mi trovai in interail in Svezia con Trota, Mind, Panda e Dumbo, che era stato arrestato la sera prima dopo una action con Xeno dei FY, ancora un bambino all’epoca.
Conobbi tutti quelli che divennero i WUFC, Leroy, Rilo.. poi DNE, Skill.. tutti questi writer potenti di quella cricca lì.
Mind e Dumbo poi li ho ritrovati a settembre dello stesso anno quando mi sono trasferito a Milano per fare lo IED.
Il mio carattere poi mi ha molto aiutato e il fatto che ho girato tanto tra Milano, Roma e poi ho vissuto a Torino mi ha permesso di conoscere tutta Italia.
Credo di avere il merito di aver fatto conoscere Bologna all’estero per i graffiti: tutti sanno che Chob è di Bologna.
E mentre la generazione prima ha portato qualche italiano, gli stranieri li abbiamo sempre portati noi.

Quando vennero Honet e Pum, Ciufs che aveva il contatto lo passò a noi perché era già andato la sera prima con i romani, Stand ed altri.
E noi portammo Honet e Pum in Ravone. Successivamente quando ho iniziato a diventare più conosciuto e a viaggiare, tutti gli stranieri venivano da me: gli svedesi WUFC che in 2 riprese sono stati qui 2 settimane, Opak, i tedeschi… li vedevi tutti a Bologna. E con molti ci sentiamo tutt’ora e siamo in ottimi rapporti.

Grazie a queste connessioni, 2 dei miei più cari amici, anche loro BBS, sono svedesi. Babbo e Nate. Il nome Babbo viene dal suo amore per l’Italia, tanto che nel 2003 si è trasferito a vivere qui per un anno e mezzo.
Questi network si sono formati prima di internet.

La cosa assurda è che i ragazzi di oggi, anche i writer, sono paradossalmente meno connessi di noi, nonostante le tante possibilità in più. Lo trovo strano. Noi avevamo molte più connessioni, forse oggi le troppe possibilità sono dispersive. Già negli RB avevamo Trota di Roma, Basik di Rimini… Coi THE poi eravamo molto presi bene che c’era Roma, Bologna, Berlino, Copenhagen… c’era molto questa cosa territoriale, di fare vedere da che città si veniva, avevamo fatto gli adesivi coi nomi delle città apposta.

Mi è sempre interessato anche socialmente e culturalmente, anche in relazione col discorso stadio, questa cosa dei legami territoriali, che ha influito molto nel mio modo di vivere i graffiti.
Ma non solo me poi, molte crew dopo o contemporanee, perché prima era difficile vedere writer che frequentavano lo stadio.

Perché l’ambiente dello stadio era un po’ di destra, distante da quello dei centri sociali e di Zona Dopa, ed ha influito molto sull’orgoglio territoriale. Anche avere delle crew che si chiamavano col nome della yard, Ravone Burners e della propria città, Bologna Bombers, non è un caso.

Rusty è stato atipico per Bologna: straight edge, ha sempre frequentato lo stadio, è stato roady dei Nabat per anni, è anche uno degli artisti degli striscioni della curva.

Se c’è bisogno di uno striscione chiamano o me o lui.
Tutto il mondo degli ultrà del Bologna è molto legato ai graffiti, la sede degli ultrà è dipinta da Rusty, gli adesivi li ho fatti io.
Quando ci sono da fare le scritte di solidarietà con gli altri gruppi o gli striscioni da appendere in autostrada per ricordare un morto, chiamano o me o Rusty.

È un ruolo importante in quella cultura, non ti dico che abbiamo le chiavi della curva, ma siamo molto rispettati. Io poi ho anche militato, quindi tra virgolette ho pure le medaglie al valore!

Tu sei comparso su tantissime pubblicazioni internazionali e questa cosa ha portato un riconoscimento alla città che diversamente sarebbe stata quasi impossibile, senza nulla togliere a ciò che hanno fatto gli altri. Penso in particolare ad Overground 3 (2006) che è un riconoscimento enorme ad una carriera. Ma c’è pure una intervista tua su Escapizm 3 (2019).

Sono stato pubblicato anche perché la mia generazione è quella che ha creato le fanze: Opak, Gizmo, gli svizzeri di 14K, Bomber Megazine… era tutta gente con la quale ho anche dipinto e questo ha aiutato molto.

In Italia non c’era tanta gente che andava in giro a cui chiedere le foto, per cui spesso le chiedevano a me. Poi ho dei meriti personali, ma ho avuto anche la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto oltre al fatto che non ho mai smesso nonostante i molti problemi che ho avuto.

Escapizm 3 - Olanda 2019
Escapizm 3 – Olanda 2019
Overground 3 Dokument press - Svezia 2006
Overground 3 di Dokument press – Svezia 2006

Fossi stato in Inghilterra avrei finito prima perché te la fanno smettere loro a forza di braccialetti alle caviglie, ma qui ti puoi permettere di dipingere anche più avanti, non solo nell’adolescenza. Ci sono tanti della mia generazione che dipingono ancora, in Italia te lo puoi permettere.
A me fa molto piacere sapere di aver influenzato delle generazioni, come io sono stato influenzato dagli svedesi, finlandesi o dai francesi. Essere considerato oggi non come un dinosauro ma come un punto di riferimento mi fa certamente piacere.

Ad esempio il fatto di fare le luci così, io ho detto a Egs, “le ho viste fare da te le luci matte” e lui mi ha risposto “ma che cazzo dici le hai inventate tu”! Insomma c’è un circolo di influenze reciproche dove prendi le cose e poi le fai tue.
Ora in tutto il mondo le luci così sono considerate un po’ Chob e questo non può che farmi piacere, e un po’ mi sego pure!

4x THE di Chob BBS su una cartolina - 2003
Le “luci alla Chob” in 4 THE dei primi anni 2000. Archivio Chob