Intervista a Stella Nera, collettivo anarchico libertario di Modena
di Elia Mazzotti Gentili
- Città
- Modena

Nato nel 2012, il collettivo anarchico/libertario Stella Nera ha da sempre perseguito l’obiettivo di realizzare spazi sociali autogestiti e abitativi, partendo dalle occupazioni, passando per l’apertura di spazi sociali e arrivando recentemente all’inaugurazione di una comune libertaria.
Quando e come nasce il collettivo?
Il collettivo nasce nell’estate 2012 da più individualità spinte dalla necessità di far partire un progetto di lotta per la costruzione di spazi sociali autogestiti e abitativi.
Mossi dalla forte volontà di riappropriazione degli spazi e di liberazione di edifici lasciati all’abbandono e al degrado, per dare risalto ed eco ai nostri intenti, a metà settembre 2012 nasceva il primo spazio autogestito anarchico Stella Nera, all’interno dell’ex De Tomaso, tra via Virgilio e via Omero a Modena. Un’occupazione che ha visto centinaia di Modenesi e non, attraversare le varie attività che settimanalmente si tenevano all’interno dello spazio autogestito: concerti, presentazioni di libri, mostre fotografiche di artisti modenesi, momenti di crescita, di scambio, di confronto e di festa.
Una sperimentazione di come si possa riutilizzare e ri-condividere ciò che il sistema capitalistico per interessi e fini prettamente economici scarta e preclude dall’utilizzo da parte della collettività. La nostra risposta all’incomprensibile vuoto generato dall’abbandono di immensi spazi industriali, di migliaia di abitazioni o di interi campi.
Il 28 febbraio 2013 lo sgombero. Non per volontà della proprietà, a cui poco importava dell’occupazione, ma per decisione di un comitato per la sicurezza composto dal sindaco, questore e prefetto; una decisione per motivi politici, una repressione, per far vincere la sicurezza. Il processo a 11 persone, accusate di occupazione con profitto ideologico con l’aggravante dato dalla presenza di più di 10 persone, si è concluso giusto qualche settimana, per intervenuta prescrizione del reato, una modalità di estinzione del reato che si realizza quando, a causa del prolungato trascorrere del tempo, lo Stato esaurisce il proprio interesse a realizzare la pretesa punitiva di un soggetto in relazione ad un determinato reato.
Nonostante lo sgombero e le denunce, i progetti del collettivo non si sono fermati. Come prosegue la vostra storia?
Si sono susseguiti mesi di presidi, banchetti e cortei nel centro città per cercare di sensibilizzare il più possibile e far conoscere ciò che era accaduto negli stabili della Ex De Tomaso. Nella notte di venerdì 22 marzo 2013, a meno di un mese dallo sgombero, sono comparsi nel modenese diversi striscioni: atto simbolico verso un nuovo spazio sociale da parte del collettivo.
Nell’ottobre del 2013 prende vita il progetto che più ci ha dato modo di continuare ad aggregare e diffondere le nostre idee: il Giornale Stella Nera che vede l’uscita del primo numero, dapprima con l’appellativo di “Bollettino” poi trasformatosi in “Giornale”, per evidenti dimensioni e contributi che aveva in poco tempo assunto. Autoprodotto, autofinanziato con serate benefit e distribuito gratuitamente su tutta l’Emilia con una tiratura di 350/400 copie di 36/40 pagine, il giornale è partito dal collettivo ma nel tempo ha accolto interventi esterni, ampliando molto la redazione. La distribuzione cartacea del giornale ci ha permesso di relazionarci in prima persona con chi ci trovavamo di fronte durante i banchetti, appuntamento fisso settimanale al Pala Molza; questi ultimi sono stato un altro strumento fondamentale durante i mesi senza uno spazio fisico.
Giornali, banchetti, incontri faccia a faccia: tutte cose importantissime che ci hanno permesso di portare avanti le nostre attività e trasmettere il nostro pensiero lontano dai monitor dei pc che, per alcuni punti di vista, chiudono molte porte e portano la gente ad un individualismo ancora più forte. Non per sminuire l’importanza che internet ha avuto nella comunicazione, anche per noi, in questi anni; ma più metodi si usano per comunicare e più alta è la possibilità di riuscire a contaminare la comunità reale col nostro pensiero.

Un’altra ricchezza del giornale è sicuramente quella storica: fin dagli albori, anche nei regimi più ostili al libero pensiero, la circolazione delle informazioni su carta era sotto molti punti di vista più auto-gestibile, meno controllabile. Nell’ottica di opposizione al sistema ci piace tenere viva questa pratica.
È stato sopratutto grazie alla crescita e diffusione di questo Giornale che abbiamo potuto far nascere e diffondere la volontà di dare nuovamente sede ai nostri progetti e al nostro collettivo.
Nel 2015 viene inaugurato lo spazio a Modena Est, ad oggi ancora attivo. Come si configura questo nuovo spazio e in quale relazione si pone con il territorio?
Nei primi mesi del 2015 ci siamo trovati a organizzare su carta e con vari dibattiti e confronti in città e in spazi sociali, il progetto “nuovo spazio”, con la convinzione che aprire un nuovo spazio possa continuare a cambiare le nostre vite, liberandoci così dalle logiche autoritarie in cui siamo ogni giorno sommersi. Abbiamo presentato con comunicati e scritti tutta la progettualità che volevamo realizzare in questa nuova situazione. Fin da subito si è manifestato un forte interesse che ci ha portato poi a trovare lo spazio in pochi mesi, per la precisione a fine maggio 2015, in Via Folloni 67 a Modena Est.
Un nuovo spazio, un capannone inserito in una zona industriale… in affitto!
L’affitto è stata una scelta del collettivo. A Modena era un periodo con tante occupazioni, finite tutte con sgomberi e denunce. Noi volevamo costruire una progettualità duratura, che si potesse radicare nel territorio, che potesse diventare un riferimento stabile, senza la paura di ritrovarsi con niente in mano da un giorno all’altro e dover, in un certo senso, ripartire. Ecco perché abbiamo deciso di prendere uno spazio in affitto. Quando il capannone è stato aperto, abbiamo dato a tutti la possibilità di partecipare alla creazione dello spazio, dalla scelta dei contenuti, ai progetti da proporre e attivare.
Avere uno spazio a lungo termine consente di attuare, nella pratica, le idee che si portano avanti: l’auto-gestione, l’auto-organizzazione, l’auto-produzione e l’auto-sostentamento. E tantissimi sono stati i progetti che sono nati e si sono sviluppati tra le quattro alte pareti di via Folloni: la serigrafia, la nascita della rete di Alimentazione Ribelle attraverso i mercati e lo spaccio, la sala prove, la nascita di nuovi collettivi e reti. Una progettualità sociale che viene portata avanti anche aprendosi all’accoglienza di diverse forme espressive, musicali, artistiche, … L’attivazione di nuovi progetti ci interessa perché con sé porta partecipazione: non chiediamo soldi per utilizzare gli spazi utili allo svolgimento delle progettualità, ma chiediamo partecipazione attiva alla vita dello spazio.
Tra le diverse progettualità attivate, una di quelle che portiamo più in giro e della quale siamo particolarmente orgogliosi, è legata alla pizza! La pizzata costituisce uno degli appuntamenti fissi del nostro spazio, utile a creare aggregazione e a raccogliere un po’ di fondi, ma ancora più importante è il progetto legato ai forni. Abbiamo all’attivo la costruzione di 9 diversi forni in diverse città, l’ultimo a Marzabotto. Si tratta di veri e propri forni in terracruda, realizzati a costo zero, grazie al lavoro collettivo. Dopo aver auto-costruito il nostro, abbiamo scelto di diffondere il progetto, trasmettere le nozioni per auto-costruirlo, e di farlo solo in spazi sociali o abitazioni collettive. La scelta di dove esportare il progetto è fortemente connessa alla filosofia con cui lo facciamo: con il lavoro collettivo, a costi irrisori, con acqua, paglia e terra, costruisci uno strumento che il capitalismo ti vende solo come prodotto per ricchi. E una volta terminato, questo viene utilizzato con tutti e per tutti.
Oltre a questo, le feste al parco in occasione dei compleanni del collettivo sono state le iniziative che ci hanno messo più in comunicazione con il quartiere. Per quanto riguarda invece la quotidianità, Alimentazione Ribelle è sicuramente il progetto che maggiormente ci connette alla città, attraverso gli appuntamenti del mercato e lo spaccio presso il nostro spazio. Il mercato ti mette in contatto con tutta una serie di persone che con lo spazio, per pregiudizi, per mala informazione, non si riescono ad avere.
C’è affinità completa tra i percorsi e le idee del collettivo e di Alimentazione Ribelle. Come collettivo ci interessa molto il discorso di un certo tipo di alimentazione, di salvaguardia dell’ambiente, di lotta alle forme di sfruttamento, siano queste verso il pianeta, gli animali o gli uomini.
Alimentazione Ribelle traduce nell’attività pratica e quotidiana questo interesse. Inserito all’interno della rete Genuino Clandestino, è prima di tutto una proposta di alternativa alla grande distribuzione. A Modena è ancora una realtà poco impattante e quindi, con le forze che si hanno, si cerca di portare avanti questo modo di pensare e di vivere tramite gli appuntamenti fissi dei mercati settimanali di paese o di quartiere, proposti in forma autogestita e collettiva.
Qual è il vostro rapporto con l’arte urbana?
In diverse occasioni abbiamo ospitato interventi ed iniziative, sopratutto durante eventi o feste.
Abbiamo alcuni amici che ci aiutano per striscioni o per organizzare cose specifiche. In occasione di un compleanno del colletivo, ad esempio, è stata organizzata una open call per raccogliere stickers e poster che hanno poi trovato spazio all’interno della nostra sala concerti.

Negli anni e in diverse giornate artistiche abbiamo avuto il piacere di ospitare diversi writer e artisti.
Di recente avete ospitato anche Bastardilla ed Ericailcane presso la Gatta Nera. Volete parlarci di questa nuova esperienza abitativa?
L’ultimo weekend di settembre 2020, nella bassa modenese, abbiamo inaugurato la comune libertaria La Gatta Nera.
In via Folloni il discorso delle auto-produzioni si è rinforzato e volevamo sperimentare anche nuove pratiche; questa esperienza ci ha portato a individuare uno spazio dove ampliare le progettualità, uno spazio che non fosse un capannone in una zona industriale. Nel 2019 abbiamo avviato la campagna “Verso la comune”, che è durata un anno. Durante questo periodo, oltre a organizzare assemblee pubbliche per capire cosa fare in questo spazio, abbiamo invitato chiunque voleva partecipare con le proprie idee a mettere sul tavolo i propri progetti. È stato un percorso di confronto con altre realtà autogestite, ricco di presentazioni e conferenze affini al discorso della comune.
Poi, grazie a conoscenti, abbiamo trovato lo spazio a San Martino sulla Secchia, paesino vicino a Carpi, città della bassa modenese. Grazie a molte adesioni, amici, valorosi aiutanti, abbiamo iniziato a fare lavori di ogni tipo, da quelli di muratura a quelli elettrici, fino ai più piccoli interventi di messa a posto e in funzione dello spazio.
E tra il 25 e il 27 settembre 2020, con una 3 giorni, abbiamo presentato al mondo la Gatta Nera, e i primi progetti che si intende portare aventi.
Poco dopo l’inaugurazione abbiamo avuto il piacere di ospitare Bastardilla e Ericailcane: erano a Modena per presenziare a diversi appuntamenti e hanno trascorso buona parte del tempo libero con noi. Sono stati nostri ospiti anche ad una delle pizzate sociali allo spazio di via Folloni e, tra un impegno e l’altro, ci hanno lasciato un bellissimo lavoro sui muri della neo nata comune.
Qual è la difficoltà più grande che incontrate nel portare avanti le vostre progettualità?
La più grossa difficoltà sono le persone: c’è un individualismo forte e sfrenato, che si attua e si tocca con mano anche solo nei nostri progetti; ma in generale è fortemente presente nella collettività e nella società. Se fossimo tutti maggiormente presenti e con obiettivi condivisi, avremmo fatto molto di più.
Manca la voglia di assumersi responsabilità, la spinta a mettersi in gioco.
Uno dei passi enormi che come collettivo abbiamo fatto nell’ultimo periodo è stato quello di riuscire ad attenuare gli screzi e imparare a gestire il conflitto. La nascita de La Gatta Nera ci ha dato nuove e forti motivazioni: siamo finalmente riusciti a dare vita a una rete che, potenzialmente, ti da casa attraverso la comune Gatta Nera, ti fa lavorare attraverso la rete di Alimentazione Ribelle o le auto-produzioni e ti da socialità attraverso lo spazio di via Folloni.
Un attivismo che finalmente si può vivere nel quotidiano e non a tempo perso.