WRITING

Intervista a Ohbe
di Pietro Rivasi

Chi anima le controculture non sempre viene da grandi centri urbani deumanizzanti, molto spesso anzi le realtà più sensibili si trovano nelle piccole città di provincia dove gli stimoli sono minori ed il bisogno di evadere più urgente. Ohbe ci parla della sua esperienza.
Tag
Ohbe
Crew
SST - ML'S

Intervista a Ohbe

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WRITING

Intervista a Ohbe
di Pietro Rivasi

Chi anima le controculture non sempre viene da grandi centri urbani deumanizzanti, molto spesso anzi le realtà più sensibili si trovano nelle piccole città di provincia dove gli stimoli sono minori ed il bisogno di evadere più urgente. Ohbe ci parla della sua esperienza.
Tag
Ohbe
Crew
SST - ML'S
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Quando hai sviluppato interesse verso il writing e/o arte urbana più in generale?

Mi sono avvicinato al writing con le prime tag a marker e le prime uscite, che somigliavano più a “missioni” con gli spray, intorno al 2007, quando avevo circa 15 anni assieme a Borracho, un ragazzo con cui andavo in skate.

Poco dopo, tramite vicende scolastiche, entrammo in contatto con Amek un ragazzo di un anno più grande già discretamente attivo e che aveva una conoscenza più ampia della nostra sia del mondo del writing che dei protagonisti locali. Dopo un anno circa passati assieme fondammo la nostra prima crew, la LMN.

Dipingevamo quasi tutti i giorni su un muro che Amek aveva adibito a Hall of Fame dentro casa sua e la sera andavamo a fare un pò di bombing. La nostra gavetta su muro durò quasi 2 anni, prima che i locals ci portassero con loro a disegnare i treni.

LMN Crew & Amek - Archivio Ohbe
LMN Crew – Amek – Archivio Ohbe

Iniziammo per gioco o forse per noia, non ricordo, ma so per certo che non sapevamo assolutamente nulla del codice e delle regole non scritte del writing e non ci aspettavamo un mondo così complesso: innanzitutto non pensavamo di dover chiedere il permesso a qualcuno per fare una cosa illegale, mentre la gerarchia dei writer è una cosa molto seria. Inoltre, non bastava uscire di notte, sbronzarsi e andare a disegnare, c’era da studiare di giorno: tabelle orari, linee, cambi, turni dei driver o dei lavoratori.

A tutto questo si aggiungevano le faide per i posti e i conseguenti scazzi tra crew.

MLS & 3KG in Croazia
MLS & 3KG in Croazia – Foto archivio Ohbe

Come era la situazione nella tua città all’epoca, c’erano già segni riconducibili a questi movimenti quando hai cominciato?

Quando ho cominciato la strada era già abbastanza spianata per essere un piccolo paesino provinciale: tag e throw-up erano presenti, sparsi qua e là, e c’era perfino una hall of fame. Amek e HDP crew erano i nomi che vedevo più spesso a loro si aggiungevano una lunga serie di personaggi, a volte un po’ matti che lasciavano la propria firma in giro ma difficilmente andavano oltre alle tag. Il più divertente forse era Killer, la firma intera era Killer because I can e vi giuro che la scriveva tutta.

Nonostante questo crescendo mi accorsi di quanta poca consapevolezza ci fosse tra la gente, anche tra i giovani, rispetto a che cosa fosse effettivamente il writing. Credo che per la maggior parte delle persone la tag, il throw-up e alle volte anche le hall of fame avessero la stessa valenza di una dichiarazione d’amore sul muro.

Quali sono i primi segni che hai visto dal vivo e ti hanno colpito e perché?

Direi che la hall of fame sopracitata fu il mio primo incontro con i graffiti, era vicinissima al polo scolastico ed al centro del paese, ci passavo spesso ed ero affascinato dai colori e soprattutto dalle forme bizzarre di questi nomi che a malapena riuscivo a decifrare.

Dopo questa, la cosa che successivamente mi folgorò definitivamente furono i treni sui quali poi mi sono concentrato fino ad oggi. I primi treni dipinti li vidi proprio sulle linee private che passano per il mio paese collegandolo alle province vicine. Ricordo e conservo le foto di alcuni dei primi pezzi che vidi su metallo: Tucam, KNM, MOD e altri che passavano lenti per le desolate campagne emiliane, quasi totalmente ignorati da chiunque prendesse quel treno.

Credi che ci siano stati dei locali o delle situazioni, istituzionali o meno, che possano aver contribuito al loro sviluppo?

Immagino che ci siano state anche se non ne conosco la storia.
Per quel poco che sono riuscito a frequentare nei primi anni in cui mi sono avvicinato ai graffiti, ricordo un paio di jam al Maffia di Reggio Emilia, dove ho anche partecipato dopo aver frantumato i coglioni ai ragazzi che organizzavano (avevo 17 anni forse).
Parlando invece di situazioni che hanno contribuito alla mia esperienza ricordo delle mostre ad Avia Pervia, piccola galleria di Modena gestita da Pietro Rivasi e altri ragazzi, in particolare ricordo con piacere una di Imos e una di Luca Font.

Nel tempo, come è evoluto il tuo rapporto con queste forme d’espressione?

Ho sempre preso i graffiti per quello che sono, una valvola di sfogo ed un efficace fuga dalla routine.
Curiosità e voglia di viaggiare, che ritengo fondamentali nel mio percorso, sono sempre state motivate dalla ricerca di un’emozione forte e nient’altro.

In viaggio - foto archivio Ohbe
In viaggio – foto archivio Ohbe

Durante questa ricerca ho avuto la fortuna di vedere tanti posti e di incontrare altrettanti writer, alcuni dei quali non si sono rivelati solo compagni di avventure, ma col tempo sono diventati amici e poi fratelli.

Fino a pochi anni fa non ho mai considerato di prendere quello che ho imparato dai graffiti e trasformarlo in qualcosa di più fruibile, ora invece a volte ci penso.

Hai una opinione rispetto al modo nel quale queste forme si sono evolute nell’arco degli anni, fino ad oggi?

Direi che si sono evolute e si stanno evolvendo in tanti modi, innanzitutto nel modo di presentarsi al mondo. Internet e i social network hanno sicuramente cambiato le regole del gioco, è un’evoluzione che ha pro e contro e tante controversie.
Sicuramente si è persa un pò della magia e del mistero che caratterizza questa disciplina, credo però che allo stesso tempo abbia fornito gli strumenti, a chi ci sta provando, per portare i graffiti a dei livelli superiori, che non seguono necessariamente il classico binomio graffiti-muro: chi nell’arte, chi nella fotografia o nella performance e chi per raccontarne la storia e dimostrarne l’importanza storica.

Credo in sostanza che i graffiti si stiano ritagliando il posto che meritano.

C’è un pezzo, una tag, che per te meriterebbe di essere riconosciuto istituzionalmente come rilevante dal punto di vista socio-storico-artistico-culturale per lo sviluppo di queste forme d’espressione?

Vorrei rispondere la mia Crew ma sembrerebbe troppo autoreferenziale, direi quindi Triss BST per puro gusto personale.

Ohbe
Ohbe in azione – Archivio Ohbe