WRITING

Intervista a Done (PR – USL – ADR) Cesena
di Pietro Rivasi

Pur provenendo da una realtà di provincia, o forse proprio grazie a questo, Done ha rappresentato un punto di riferimento per la scena internazionale del writing fin dalla metà degli anni '90, prima dell'avvento di internet
Chi
Done
Città
Cesena

Intervista a Done (PR – USL – ADR) Cesena

Title:

Description:

WRITING

Intervista a Done (PR – USL – ADR) Cesena
di Pietro Rivasi

Pur provenendo da una realtà di provincia, o forse proprio grazie a questo, Done ha rappresentato un punto di riferimento per la scena internazionale del writing fin dalla metà degli anni '90, prima dell'avvento di internet
Chi
Done
Città
Cesena
AC_icone2004-1280x945.jpg

Pur venendo da una piccola città, già dagli anni ’90 eri parte del network europeo dei writer: puoi raccontarci come è andata e come hai iniziato ad interessarti a questo mondo?

Non c’è stata una scintilla unica ma tanti input che bastava cogliere: le riviste di skate iniziavano a pubblicare foto di graffiti e le prime cose che ho visto sono state forse su XXX, Skate e snowboard e Skate. Se non sbaglio le locandine di Deemo e ZeroT per le jam al Cellophane di Rimini le pubblicarono li: fu uno shock emotivo ai giardini pubblici, io e mio cugino rimanemmo a bocca aperta e cominciammo a riprodurre quei disegni la sera stessa. Avevamo 13-14 anni.
Poi alcuni flash di Roma, in viaggio coi genitori: il pezzo di Delta sul lungotevere che non riuscii a fotografare, una specie di ricordo onirico, e varie C bubble style nella zona di Trastevere.

Delta INC sul lungo Tevere di Roma
Delta INC a Roma, 1985 – dal libro Writing metropolitano – Just push the button di Stefano Monfeli, Roma 2003

Un pezzo di Eron nei pressi della linea ferroviaria fu una rivelazione, uno shock visivo e la scusa per tornare non so quante volte a vederlo. Era una scritta 38 Squad con l’arco di Traiano di Rimini dipinto dentro, vari elementi storici della città, e due character ai lati. Una sorta di personaggio disneyano armato di uzi e una ragazza da sogno, bruna, col cappellino arancione.

38 Squad di Eron, Rimini 1994 - Foto archvio Texas
38 Squad di Eron, Rimini 1994 – Foto archvio Texas

L’uzi era già entrato nell’immaginario di noi adolescenti per via degli album di Ice T, e uno dei primi straordinari negozi di Luca Benini credo a Ferrara l’aveva accolto come logo. Si chiamava Too Black, ed era parte di una epica terminologia che Slam Jam arrivò a coniare durante gli anni ’90: Major Force, Slam Trick e molto altro. Questo generò una enorme curiosità verso la cultura nera, non solo rispetto i primi gruppi tipo NWA; mi sentirei di dire che ne facevamo una questione proprio razziale, ma al contrario dei tempi odierni.

Nero era semplicemente figo, amplificando il concetto dalla musica all’arte, fino al cinema. Do the right thing è stato un altro pezzo storico di Eron lungo il canale di Rimini, intatto per decenni. E persino un brand istantaneo come 40 acres and a mule diventò un cult nel giro di poco tempo. Era, ed è, la casa discografica di Spike Lee.

Io riuscii a farmi una prima idea dello schiavismo americano perché cercando il significato di una felpa imparai che 40 acri di terra corrispondevano a una promessa (mai mantenuta) degli Stati Uniti quale risarcimento agli schiavi. Ho una immagine indelebile in mente di speaker Deemo intervistato da Attilio Grilloni su MTV col cappellino di 40 acres in testa, frammenti e dettagli che per qualche ragione non se ne vanno.

Insomma eravamo travolti da un’onda culturale che credo abbia formato una intera generazione oggi. Una generazione disconnessa, pre-web e fortemente analogica, comunque affamata di contatti e confronti.

Per uscire dall’isolamento della provincia verso il 1991 pubblicai un annuncio sulla rivista Hip Hop Aelle. Una sorta di messaggio in bottiglia che suonava come una disperata richiesta di soccorso, centrando comunque il bersaglio: nella P.O. Box aperta nella sede centrale delle Poste incominciarono ad arrivare lettere e foto di graffiti da tutta Italia, molte anche da Spagna, Germania e Scandinavia. La casella postale corrispondeva a un numero, e quindi al totale anonimato: la formula migliore per materiale tanto innocente quanto illegale.

Entrai quindi in contatto con la scena di Ancona, incredibilmente attiva nei primi anni ’90. E poi con quelli che diventarono Smart, Sheriff, Disney di Pescara e un network molto piu allargato all’estero soprattutto Parigi, Helsinki, Stoccolma, Basilea e Barcellona.

Da Genova arrivavano tonnellate di materiale fino a quando, credo nel 1993 e senza precedenti incontri Dafne organizzò un viaggio a Barcellona. Io avevo si e no 16 anni e dissi ai miei che andavo in gita a Mantova.

Viaggiammo con biglietti contraffatti: Sheriff conosceva un redskin di Genova che studiava chimica ed aveva trovato il modo di cancellare in modo perfetto la penna con la quale all’epoca venivano compilati i biglietti BIGE transalpini. Acquistava la tratta minima, tipo Ventimiglia-Nizza, per 3.000 lire, cancellava partenza e destinazione, e poi compilava con le città desiderate, aggiustando anche l’importo.
Il biglietto Genova-Barcellona ce lo vendette a 50.000 lire, molto meno del prezzo reale. Io andai da Cesena a Piazza Principe senza avere idea di che faccia avessero Sheriff e la Dafne, ma in qualche modo ci incontrammo in stazione e con questi biglietti siamo andati e tornati senza che i controllori si accorgessero di niente.

Lì ho conosciuto Mookie e Kapi di Game Over Magazine, e nel loro omonimo negozio ho conosciuto Krash, il king locale dei pannelli. Insieme a lui, c’erano un altro tipo fighissimo, All, un punkabbestia più che un B-boy, e Maria, sempre BTS. Questi si erano presi bene con la Dafne e quindi ci portarono in giro per 5 giorni incredibili a dipingere.

Da li per me è nato tutto perché il loro contatto, nel tempo, si è consolidato per corrispondenza, permettendomi di ricevere tantissime foto dalla Spagna. Dunque essere in provincia non era così frustrante, certo a Milano sapevi che andando al WAG potevi beccare gente tutti i giorni, mentre qui magari per settimane non vedevo nessuno. Ma poi un sabato si e 4 no andavo al LINK e beccavo gente. Compravo gli spray da Rusty e così l’ho conosciuto, poi ci sono state jam come In Linea che hanno permesso tanti scambi.

In Linea Jam bologna 1996 - Xplicit Grafx
Uno dei muri dipinti per la jam In Linea al Livello 57 – Bologna 1996 – Courtesy of Xplicit Grafx
Trota, Gino X, Rok ad In Linea, Bologna 1996 - Foto archivio Texas
Trota, Gino X, Rok ad In Linea, Bologna 1996 – Foto archivio Texas

Ti faccio un esempio simile all’estero: Opak è originario di una cittadina tipo Cesena, non è di Parigi, magari più connessa, ma comunque fuori. Eppure era uno dei più connessi di Francia e d’Europa. C’era una connessione epistolare molto forte e le persone erano prese benissimo a scambiarsi pacchetti da minimo 30 foto.

A volte andavo a Roma, nel 95-96, per fare foto alle metro, preziosissime per gli scambi con l’estero; erano molto ricercate perché fuori non c’era la percezione che esistesse una scena romana. Era materiale valutato molto nello scambio perché non c’era un rapporto 1:1, così come anche per le riviste: ricordo le litigate con Opak ed i ragazzi di UP perché volevano fare 1.5 x 1, ovvero 3 copie di Report per 2 copie di UP. Poi alla fine avevano anche ragione perché si contavano le pagine a colori.

No Limits, la fanza di Dare, è stata la prima di incredibile qualità e fece il vuoto: bella carta, full color, stampa perfetta. Voleva 3 numeri di Report per uno di No Limits..!

Stare in provincia in realtà era addirittura uno stimolo per questi rapporti epistolari: stando a Milano andavi da WAG e c’erano tutti, potevi incontrare Phase2 o Sharp, che motivazione potevi avere per scrivere ad uno di Zurigo? Io ero più isolato e avevo più tempo, andavo a dipingere ma ero da solo, c’eravamo solo io e mio cugino.

L’isolamento mi dava il tempo e la motivazione nel creare contatti.

Con questi contatti spagnoli, hai mai iniziato a distribuire spray?

Gli spray per me non sono stati mai una attività. Ho importato le prime Montana perché in quel viaggio a Barcellona o in uno successivo, al Game Over era arrivata la primissima partita di Montana mai prodotte proprio mentre ero li. Avevano ancora il tappo femmina e ne portai 2 casse che usai con grande parsimonia.

Alcune copie di Game Over Magazine – Archivio Pietro Rivasi
BCN Zniart – libro che celebra i 30 anni di writing sui treni cercanias (per anni celeberrimi per i finiestrini “a specchio”) di Barcellona – Archivio Pietro Rivasi
Spagnoli ed Italiani sui cercanias di Barcellona, 1994 - foto tratta da BCN Zniart
Spagnoli ed Italiani sui cercanias di Barcellona, 1994 – foto tratta da BCN Zniart

Quale è la tua percezione del ruolo dell’Emilia Romagna nello sviluppo di queste culture in Italia?

Secondo me l’Emilia Romagna è stata importante quanto la Lombardia: Bologna in quel periodo era un epicentro, era unica, non so se Milano abbia mai avuto un luogo con un taglio culturale e curatoriale al pari del LINK ad esempio: era l’unico posto “berlinese” in Italia, con una programmazione di arti visive e musica con una intensità di contenuti incredibile ed alla quale ha dato grande continuità. Nonostante a Milano ci fossero tante realtà, non penso ce ne fossero simili all’epoca.

Poi il Livello era un punto di incontro potente ed ha ospitato delle jam storiche, quindi c’era una quotidianità di persone che hanno tenuto lì la scena, così come il LINK ed ancora di più L’Isola.

Sei l’editore ed ideatore di diversi progetti editoriali, in particolare vorrei chiederti di Report

Report nasce perché non c’era una comunicazione fluida come oggi e si faceva fatica a trovare materiali di qualsiasi tipo, dunque non si riusciva a comunicare facilmente con le persone. C’era la necessità di creare i network, cosa che avveniva attraverso i viaggi ed i circuiti delle jam e delle riviste. C’erano meno opportunità e meno possibilità di sviluppare certi tipi di “ricerche” su tematiche legate a dimensioni specifiche del writing

Era un momento in cui le riviste erano molto generiche, con Aelle e Tribe che pubblicavano un po’ di tutto: muri, treni, hall of fame… c’era poca frequenza, ne uscivano poche e si cercava di essere giustamente più inclusivi possibili.

Report nasce con l’idea di puntare solamente ai treni, perché era una cosa diversa e che ancora non c’era.

La scena del bombing su treno come si intende oggi era ancora in divenire, non esisteva la mentalità di fare i pannelli, nel bene e nel male. Non era un dramma ne un problema, era così. Non c’era una attitudine come poteva esserci già in Scandinavia o per alcune crew francesi, per le quali graffiti significava treni.

Questo aspetto era abbastanza evidente e a me interessava capire se era possibile incentivare la mentalità da trainbomber esasperando il tema: ho pensato che nel momento in cui ci fosse stata una rivista specializzata, si sarebbe potuto sviluppare il filone.

Ed infatti più o meno è successo. Report ovviamente non ha avuto la diffusione di Aelle, ma si è creata quella nicchia di gente ossessionata che ha colto lo spirito e capito quale fosse il territorio di sfida, iniziando a fare solo quello.

Non dico che sia stato merito della rivista, ma ha certamente aiutato la svolta di una mentalità che inizialmente era molto legata ai graffiti in termini generici: Report al contrario era specifico. C’era già qualcuno, su tutti Rok e Smart a Firenze, che aveva già capito come funzionava a livello di intensità e concetto la dedizione al treno come unico target. Erano già perfettamente consapevoli di quale fosse l’attitudine del trainbomber, mentre una serie di altre persone gli sono andate dietro e forse Report li ha aiutati in questo perché pubblicava solo treni dando un messaggio chiaro rispetto a quello che contava per quella rivista specifica, diffondendo un modo di vedere e vivere il writing.

Il primo numero se non sbaglio uscì, non a caso, in corrispondenza di Cromatica nel 1995, una jam organizzata a Vercelli da Sir, che è stata tra le prime a generare le connessioni della scena. Tra gli ospiti c’erano nomi leggendari come Sharp e Phase2, dunque pensai che fosse una buona opportunità per distribuire la rivista dal momento che ci sarebbe stata tutta Italia.
Sono usciti in tutto 4 o 5 numeri, non tanti, con una cadenza piuttosto ravvicinata.

È stato un progetto che ha lavorato sulla intensità più che sulla durata, è stato un flash che ha forse generato consapevolezza.

Rispetto a questo ricordo un aneddoto davvero particolare: lo stesso anno ci fu un’altra jam a Torino, forse lHip hop village, un evento legato più che altro alla musica ed al breaking, alla quale ci siamo tutti dati il puntello perché Dafne e Sheriff avevano trovato una yard vergine in zona… dunque salimmo in massa.

Calendario delle Jam, estate 1995 da Aelle 12/5 - 1995
Calendario delle Jam, estate 1995 da Aelle 12/5, 1995

Facemmo una macchina con Rok ed Eron e ne successero di tutti i colori. Passai a prendere Eron a Rimini e poi ci fermammo da Rok dove dipingemmo tanti pannelli la stessa notte. Il giorno dopo quando andammo in stazione a fare le foto, in auto avevo una marea di foto. La digos fermò me ed Eron in stazione pensando fossimo spacciatori e trovò tutto: spray, guanti e foto mentre i pannelli stavano fermi sulla banchina della stazione in bella vista.

Ma all’epoca i graffiti non erano un tema conosciuto e non si sapeva cosa fossero, non c’era consapevolezza e non capirono, non fecero 2 + 2. Divelsero i sedili della macchina, ricordo che li staccarono e li misero sull’asfalto, in strada, erano convinti che avessimo il fumo e non c’era verso di convincerli del contrario. Mentre avveniva questa perquisizione shoccante, arrivò Rok con la sua Citroen nera piuttosto sospetta che, vedendo la scena da lontano, capì e scappò via.

La digos se ne accorse e la situazione si complicò ulteriormente: ecco il complice! Nonostante questo, quando la perquisizione finì perché non trovarono tracce di nessuna sostanza, ci ri-incontrammo in modo fortuito dal momento che non avevamo cellulari, Rok salì in auto con noi e partimmo per raggiungere la jam.

Ma non finì lì, perché a causa della tensione già accumulata, pochi chilometri dopo non rispettai una precedenza ed un ciclista professionista che arrivava a velocità fotonica si schiantò contro la nostra macchina. Dunque ancora carabinieri e questura. Di nuovo videro i colori e le foto ma nessuno fece una piega.

Arrivammo poi a Torino dove ci aveva raggiunto anche Stuko col treno, e dipingemmo con Ciufs una trenata che finì sia su Aelle che sul numero zero di Report.

Quarta di copertina di Report 0
Quarta di copertina di Report 0

La cosa interessante sono tutte le situazioni che si creavano in quegli anni nonostante non ci fossero cellulari ed internet.

Tornando a Report, ricordo molti pezzi di Rok: come è nato il rapporto con lui? È una figura davvero importante nel panorama.

Rok stava in TCS con Eron ed avevano già formato una coppia di peso, è stato un visionario, il primo che, come Sheriff, ha creduto nel trainbombing come stile di vita, un precursore assoluto. Ricordo lo conobbi al Cavallazzi per Tinte forti nel ’93, una delle più importanti jam prima di Indelebile con Deemo, Skah e altri. Aveva il blackbook, lo stava mostrando a Sid e non ci poteva credere nessuno: erano solo pannelli, tutti erano shoccati. Decine di treni, molti con Eron.

Rok era un personaggio, aveva il Barbour, una giacca da fighetti, la coda… era un anti-bboy. Ci siamo conosciuti e presi bene e siamo rimasti in contatto per corrispondenza.
L’anno dopo poi siamo andati insieme in interrail ed anche in quello siamo stati piuttosto avanti, non so in quanti fossero già andati. In un mese abbiamo fatto Spagna, Francia, Olanda, tutta la Scandinavia, Germania, Svizzera… e anche quello è stato un momento chiave perché siamo entrati in contatto con una marea di gente: Opak, Nug, Egs, Bates a Copenhagen, Daim ad Amburgo, Dare a Basilea, Pum, che in quel periodo era super potente e faceva questi stili tipografici.
Tanti personaggi di peso. Report usciva già e mi ero portato nello zaino un centinaio di copie, pesantissime, che poi arrivati in Germania fortunatamente erano calate molto.

Con Rok quindi c’è stata l’esperienza di questo viaggio ed in seguito una frequentazione assidua perché si erano formati degli assi molto forti: uno diretto Firenze – Bologna tra la mia crew, i PR di Smart ed Enist, già in contatto con Ciufs che era in crew con Rok. Quindi questa connessione fra noi e Smart, negli anni del Livello era molto intensa.

Il Livello 57 nel ’95, ’96 ed anche il ’97 era un ritrovo ed aveva la yard proprio davanti. Mi è capitato molte volte di scavalcare durante un concerto e dipingere un pannello proprio di fronte, con Ciufs e Rok.

Poi è emerso Chob, che era in contatto coi romani, Trota e gli altri. Inoltre ero in contatto strettissimo con i miei compagni di crew di Rimini, Lego, ed i pesaresi Zelda e Byr coi quali eravamo in ADR, ma anche con lo stesso Eron che era in crew con Rok, dunque per forza di cose ci si frequentava parecchio!

Con Bologna e Firenze i rapporti erano forse fin troppo “seri”, si era creata una vera competizione sul numero di pannelli ed io venendo da una cittadina senza le mille possibilità che c’erano in città più grandi, accusavo molto la cosa. Forse non mi ci sono neanche applicato troppo, ma certo a 16 anni non era così semplice fare decine di chilometri ogni volta per dipingere e stare al passo con gli altri. Quindi sono rimasto indietro per quanto riguarda la quantità ed ero piuttosto frustrato. L’avevamo presa con una competizione ed una serietà tangibili.

Al contrario coi ragazzi di Ancona e Pesaro il rapporto era molto intenso ma meno serio, era tutto più goliardico e legato all’età teenage: cene e divertimento. Due modi diversi di comportarsi, per quanto sempre di grande amicizia.

E con Rok l’amicizia dura tutt’ora.

Hai accennato ad una collezione fotografica, che è un tema fondamentale per la conservazione della storia di questi movimenti.

La collezione nasce da prima di Report: ero ossessionato dalle foto dei graffiti per il fatto che non si trovassero. Ho passato anni interi a fotografare, raccogliere e scambiare scatti in modo maniacale e moltissime volte ho viaggiato apposta per farle: nel ’92 sono andato a Parigi ed al Tikaret, un negozio tipo il Wag di Milano e punto nevralgico di tutta la scena francese del periodo, ho scambiato 1:1 qualcosa come 900 foto. Sempre quell’estate ho trovato i muri di Montreuil di Mode2.

Ed è stato importante questo viaggio, perché ho scattato circa 10 rullini, materiale prezioso che serviva poi per scambi di qualità. La gente infatti barattava pezzi di Zebster per quelli Mode ad esempio… non certo per i pezzi di qualche toy. Quando entri nel loop di queste ossessioni, diventi maniaco, e all’epoca c’erano pacchi di foto che giravano per collezionisti di tutta Europa.

Dal ’93 fino al 96-97, ho fatto inter rail di un mese ogni anno, cosa che mi ha permesso di creare contatti con chi era appassionato come me di writing e di scambi di foto. Da li ho raccolto una base che si è incrementata negli anni.

Greatest_Hits_e2e_Done_Chob_Urbaner
End to end con Chob, Egs e Zedz come pubblicato su Greatest Hits