Intervista a Grom (OSC, BB’S, BSA, TDT, WP3) – Bologna
di Pietro Rivasi
- Dal
- 1996
- Crew
- OSC, BB'S, BSA, TDT, WP3
- Città
- Bologna

Grom appartiene alla terza generazione di writer di Bologna e, insieme ai suoi compagni di crew, è uno dei maggiori innovatori che la città abbia visto crescere
Quando hai sviluppato interesse verso il writing e/o arte urbana più in generale?
Verso la fine del 1995, durante gli anni delle superiori ho cominciato a disegnare su carta i primi progetti ispirati al mondo del writing, questo grazie ad alcuni amici che già avevano iniziato da qualche mese, durante la prima metà del 1996 ho realizzato le mie prime opere su muro e sono entrato a far parte della prima crew chiamata OSC (original stile crew) ognuno di noi aveva un approccio decisamente alternativo rispetto ai canoni tradizionali del writing.
Obro disegnava tubi, io lettere decisamente strane ed elaborate, Skank era fissato con i pesci, More invece stupì tutti con il pezzo lampadario… Aska che disegnava gia’ da diversi anni era il nostro maestro.
Non eravamo molto facili da digerire per il resto della scena.


Come era la situazione nella tua città all’epoca? C’erano già segni riconducibili a questi movimenti quando tu hai cominciato?
Si, decisamente. Bologna era nel pieno degli anni ’90, tanta gente era attiva e dipingeva già da diverso tempo… tra i nomi piu’ significativi posso segnalare gli Spa dediti soprattutto alle murate e poi per quanto riguarda i treni personaggi come Longe, Chob, Jed, Oida257 che poco tempo dopo si sarebbero uniti formando i mitici RB.
Ricordo pure le tag superfettate della PMC di Paniko, Flower e Inoki e i primi scazzi per contendersi le zone di Bologna..
Ai tempi ero spesso in giro in motorino alla ricerca delle murate, dei depositi e di qualsiasi traccia lasciata dal passaggio dei writer. Ero affascinato ed entusiasta, seguivo l’odore della vernice come un segugio segue la sua preda.
Quali sono i primi segni che hai visto dal vivo e ti hanno colpito e perché?
Parliamo di tanti anni fa, ero praticamente un bambino, le prime cose che vidi in assoluto, furono i pezzi di Rasty in centro a Bologna e i lavori di Dayaki, nello specifico il Mai piu’ razzismo di P. zza Vittorio Puntoni e il Cavallo meccanico di Porta Mascarella.
Mi colpì il fatto di trovarmeli davanti agli occhi all’improvviso in un posto molto centrale, come un flash, colori accesi e soggetti fuori dall’ordinario.
Credi che ci siano stati dei locali o delle situazioni, istituzionali o meno, che possano aver contribuito al loro sviluppo?
Per quanto riguarda i locali Bolognesi posso nominare il Link e il Livello 57 che sono dei punti fermi, noti a tutti. Non sono mai stato una grande frequentatore di questi posti ma andavo spesso a sbirciare le nuove murate che puntualmente venivano fatte sulle loro pareti dalla gente di passaggio.
Parlando invece di eventi, ho vissuto in prima persona le edizioni di Icone “festival internazionale di writing” che si sono tenute a Modena a partire dal 2002. Nel corso degli anni, credo sia stato fatto un ottimo lavoro in quanto a murate realizzate e mostre allestite. Un passo in avanti rispetto alla vecchia idea di jam, che era stata portata avanti fino a quel momento.
Nel tempo, come è evoluto il tuo rapporto con queste forme d’espressione?
I primi anni di writing sono stati per me i più sperimentali, la leggibilità del nome non era la mia priorità e neppure andare ad imitare lo stile classico dei graffiti della metropolitana di New York, ero veramente su un altro binario, mi sono concentrato soprattutto sulla creazione di uno stile riconoscibile, era più l’atto pittorico in se che mi interessava, il tratto, la ricerca della forma e il forte impatto visivo.
Ripercorrendo il periodo a cavallo del millennio sono diversi i momenti importanti;
Intorno al 1998 le influenze francesi e
la formazione dei Bologna Bombers, con lo stile “ignorante”, le lettere ciccie e i bombing per strada.
Poco dopo l’incontro con Repo e Med, le murate piu’ sbattute e il perfezionamento tecnico, la formazione della BSA crew nel 1999.
Sempre in quegli anni grazie all’università conobbi altri writer con i quali nacque una vera e propria amicizia:
dalle Marche gli SNC e dalla Lombardia, Moe e i TDT. Nel 2001 invece oltrepassando il confine Bolognese iniziai a frequentare persone del territorio Modenese, nello specifico Wilma, Rune, Swing, Oex. Con loro inizio’ una bella collaborazione che andava dai progetti di decorazione murale fino alla grafica e l’illustrazione su carta.
Hai una opinione rispetto al modo nel quale queste forme si sono evolute nell’arco degli anni, fino ad oggi?
Il web negli ultimi 10 anni ha dato una spinta imponente al movimento e l’ha diffuso ovunque sui 5 continenti.
Ora con Yuotube e Instagram puoi vedere tutto cio’ che ti piace e toglierti ogni curiosità, da gente che si fa i treni in Siberia ai murales giganteschi in mezzo ai grattacieli.
Un tempo non era tutto così a portata di mano e per sapere quello che succedeva in giro dovevi vedere le foto scattate da qualcuno che aveva viaggiato oppure sulle rare riviste che ti capitavano sottomano.
Il writing, l’illegalità, ora è tutto di dominio pubblico.
Rimpiango un po’ i tempi in cui c’era ancora quell’alone di mistero e tutto non era così scontato e conosciuto anche dalle persone esterne al movimento.
Ora tanti writer si autodenunciano pubblicando le loro prodezze notturne, in cambio di notorietà.
Sarò arretrato ma faccio fatica a capire.
C’è un pezzo, una tag, che per te meriterebbe di essere riconosciuto istituzionalmente come rilevante dal punto di vista socio-storico-artistico-culturale per lo sviluppo di queste forme d’espressione?
Ne nominerei diversi, ma metto in primo piano il Cavallo meccanico di Dayaki e il Rusty – Mined, muro lungo linea ferroviaria sud di Bologna. Due pezzi di storia.
Penso si possa dire, col senno di poi, che sei stato un precursore dell’ “anti-style”, sicuramente per l’Italia ma anche a livello internazionale. C’è qualcosa che ti ha ispirato ad andare in una direzione diversa rispetto a quanto vedevi intorno a te, o c’erano esempi ai quali hai fatto riferimento?
Nella scrittura del nome non ho mai voluto sottostare ad imposizioni o regole e neppure mi è interessato che i miei pezzi fossero esteticamente belli.
Detto questo, ero appassionato di disegno e pittura prima ancora di iniziare a fare graffiti e le due cose insieme hanno fatto si che avessi sempre la spinta a trovare nuove soluzioni per le lettere, nei primi anni del 2000 ripassavo le outline appena date con lo spray con il guanto dell’altra mano per dare al tratto un effetto ancora piu’ sporco, in altri periodi ho disegnato alfabeti destrutturati dalle linee morbide e dai caratteri animaleschi.
Punti di riferimento veri e propri direi di no, verso la fine degli anni 90 mi piaceva la roba che arrivava dalla Francia, gli SDK, Honet, Pum, Foe e i PME, Sober ecc..li trovavo molto originali e stilosi e mi divertiva vedere il loro lavoro.
Poi ho apprezzato molto anche i pezzi che vedevo su la rivista Underground Productions, writer come Nug e Caster erano su un altro livello.
Il tuo nome è presente sulla linea da quando hai iniziato; cosa ti lega a quei territori specifici, rispetto ad altri? Cosa ti ha spinto a suo tempo ad iniziare ad andare massicciamente lì?
Ho sempre amato muovermi in treno e vedere i nomi dei writer nei posti più impensabili, in mezzo al nulla o nei muri nelle vicinanze delle stazioni.
Tutto questo mi ha motivato sin dall’inizio a colonizzare gli spazi ferroviari e farmi lunghe camminate con l’obbiettivo di raggiungere un determinato posto che consideravo suggestivo o ben visibile.
L’atmosfera che si respira lungo la linea è unica, i treni che passano, la luna che crea ombre ed illusioni ottiche lontane, i binari che luccicano.
In questi luoghi mi sono sempre trovato a mio agio, come a casa.