Andrea Chiesi a Modena per la personale “Natura vincit”

10 Giugno 2021 by Enrica Berselli
9-Andrea-Chiesi-Anastasis-21-2021-pennerallo-e-inchiostro-su-carta-cm-25x35-1.jpg

Apre venerdì 18 giugno 2021 dalle 17 alle 21, all’interno delle sale di cultura del complesso San Paolo (ex Chiesa e Sala delle Monache), la mostra personale di Andrea Chiesi dal titolo NATURA VINCIT, a cura di Fulvio Chimento.

L’ex Chiesa di San Paolo e la Sala delle Monache riaprono al pubblico dopo i lavori di restauro con una personale di Andrea Chiesi, uno dei più noti pittori italiani, nato a Modena nel 1966.

Giunti a questo punto molti di voi si staranno chiedendo, o se lo chiederanno fin dall’inizio, perché vi parliamo di questa mostra su Urbaner?

Andrea Chiesi è un disegnatore e pittore fra le figure più interessanti dell’ultima generazione di artisti italiani, formatosi frequentando la scena della controcultura punk e della musica indipendente della prima metà degli anni Ottanta. È proprio in questo ambiente culturale che esordisce, lavorando come disegnatore per diverse fanzine, pubblicazioni underground ed esponendo in centri sociali.

Sono espressione di quegli anni i suoi primi lavori realizzati con un inchiostro nero-violaceo, in cui appaiono personaggi, figure e ambienti legati sotto vari aspetti a quel mondo.

In seguito la sua attività artistica si arricchisce e si definisce meglio con lavori di più ampio respiro pittorico che lo portano, nel 1990, alla Biennale dei giovani artisti dell’Europa mediterranea di Marsiglia. Partecipa anche a diverse mostre collettive a Reggio Emilia, Bologna, Modena, dove una sua opera viene presentata, nel 1993, alla mostra sulle nuove acquisizioni della Galleria Civica.

Attualmente Andrea Chiesi vive e lavora a Modena, così abbiamo chiesto a Enrica Berselli di incontrarlo per farci raccontare qualcosa in più che colleghi le sue origini al suo percorso artistico arrivando, infine, alla personale Natura vincit.

Andrea Chiesi Natura Vincit Modena Culture Urbane
1990, CSOA Forte Prenestino, Roma

 

A quali bisogni rispondeva il mondo delle sottoculture per te e per chi vi si muoveva fra gli Ottanta e i Novanta? Quale valore hanno gli ambienti underground oggi?

Facevo parte di una minoranza che provava un disagio profondo, esistenziale e sociale, per il modello di vita che si era imposto negli anni Ottanta. Quel modo di vivere, di vestire, quella musica, erano terribili. Tra l’altro da quel modello ha avuto origine il decadimento etico e morale che viviamo ora.

Arrabbiati, confusi e disperati, esprimevamo il nostro dissenso attraverso una controcultura che rifletteva questa condizione. La musica, un certo abbigliamento/atteggiamento, l’orgoglio dell’autoproduzione, le fanzine, i fumetti underground, erano dei catalizzatori, davano il senso di appartenenza ad uno stato esistenziale altro, diverso, alternativo, e una netta presa di distanza da ogni contesto ufficiale. Molta ingenuità e presunzione, ma anche tanta genialità. Eravamo apocalittici, radicali e destinati a perdere, lo sapevamo, ma questo, paradossalmente, ci ha dato la possibilità di sopravvivere.

Come ho affermato più volte, il punk mi ha salvato la vita. Un approccio libero, e libertario, un modo di pensare indipendente, obliquo, imprevisto, una sensibilità verso ciò che normalmente non viene detto o mostrato. Un altro mondo è possibile, e noi ci abbiamo provato. Se non riesci a sovvertire il sistema, almeno cerca di cambiare te stesso. È questa la rivoluzione.

Io non sapevo suonare, ma ero bravino col disegno, così mi sono messo a disegnare.

Andrea Chiesi Natura Vincit Modena Culture Urbane
2016 Ribalta, Vignola

 

Fra le esperienze fatte all’interno di quel mondo quali sono quelle che porti più vicino al cuore? 

In ordine sparso… le musicassette registrate ascoltando Radio Antenna Uno, i gruppi della Crass records al Tuwat di Carpi, la contestazione dei RAF Punk al concerto di Bologna dei Clash, la libreria iLPerfido Zhodani, i negozi di dischi Vortex e Arghhh!!!, il concerto dei Fugazi al Condor, i disegni per la fanzine del Lambicco di Vignola, il concerto dei CCCP alla festa dell’Unità degenerato in rissa, i Test Department al festival teatrale di Polverigi, il concerto di separazione degli Swans, i Disciplinatha all’Isola nel cantiere, Unknown Pleasures dei Joy Division comprato al Disco Club alla stazione delle corriere, i concerti dei Bauhaus, X, Opposition, Jello Biafra, Rage against the machine, Virgin Prunes, Ramones, Nirvana, Siouxsie and The Banshees… gli Stigmathe e gli Afrodisia, i libri di Stampa Alternativa…

È un mondo che non c’è più, ma è il sostrato di tutte le mie opere.

 

 

Non hai mai smesso di tenere una luce accesa su alcuni luoghi simbolici, case affettive. Di portare loro o le loro effigi nei contesti di mostre in ambienti ufficiali e di mostrare la tua arte in luoghi underground. Cosa ti dà questo doppio binario e perché senti il bisogno di mantenerlo? 

Le Ex Fonderie di Modena sono un luogo iconico, mio padre visse personalmente il drammatico 9 gennaio 1950, e per me ha assunto il valore dell’epos; lì nascono i primi disegni, lì sono tornato vent’anni dopo ispirandomi per i dipinti a olio su tela. Ho esposto in un luogo simile, le OGR di Torino, e in molti spazi e centri sociali legati all’autogestione, come il Tuwat di Carpi, lo S.Q.O.T.T. di Milano, l’Ekidna di Carpi, il Libera di Marzaglia, il Ribalta di Vignola.

Ora espongo in un ex oratorio, un luogo sacro, ma ogni luogo ha la sua sacralità, ogni luogo può accogliere un’opera d’arte. Mi piace questa libertà, muovermi da spazi indipendenti a gallerie o musei più tradizionali. Il dipinto rimane un dipinto, ovunque lo collochi.

Ho sempre creduto che le forme originarie dell’arte abbiano il potere di rigenerarsi, ed essere sempre attuali: provengono dal passato, si confrontano con la contemporaneità, e sono fuori dal tempo. Diamo per scontato che nei centri sociali si debba trovare street art; invece, io trovo interessante esporre in quei contesti un dipinto a olio, sovvertendo il preconcetto che alcune espressioni siano intrinsecamente alternative ed altre borghesi. Un disegno a china di Raymond Pettibon è più radicale di molta street art ripiegata alla funzione di arredo urbano.

Tra i lavori in mostra ci sono molti posti modenesi, alcuni sono riconoscibili, ricordi di queste esperienze, esplorazioni fatte nei luoghi abbandonati; a un certo punto lo sguardo è cambiato, dall’architettura si è spostato alle piante pioniere, forme di occupazione naturale, magici boschi urbani. Un rapporto col paesaggio come indagine sociale, ma anche come riflesso di uno stato interiore; un inno ad Apollo ma anche a Dioniso.

Nella mostra ci sono diverse citazioni, alcune evidenti, altre da scoprire, e può essere visitata seguendo una lettura allegorica parallela. Ad esempio il grande albero è ispirato ad un fotogramma del film sovietico del 1926 Dura Lex, di Lev Kulesov, in cui cercatori d’oro lottano per la sopravvivenza. Il titolo della mostra è in latino, lingua radice, lingua franca alternativa all’inglese, ed è ispirato al De Rerum Natura di Lucrezio e alla sua concezione epicurea del cosmo. L’evocazione di Venere genitrice della vita e la conclusiva peste di Atene, si riflettono in un’ellissi temporale di 21 secoli, nella bellezza della natura che si riappropria degli spazi abbandonati, e nella pandemia che ha colpito il nostro tempo.

 

 


Natura vincit, la mostra

La mostra rimarrà aperta al pubblico con ingresso libero fino al 19 settembre 2021.
Per informazioni e approfondimenti vi rimandiamo alla pagina dedicata sul sito di D406.

Il titolo, NATURA VINCIT, trae ispirazione dalle opere presenti in mostra, che testimoniano la potenziale rinascita dell’uomo attraverso un percorso spirituale in cui la natura è per l’artista una guida costante e ispiratrice; il progetto ideato da Andrea Chiesi nasce appositamente per i due ambienti religiosi modenesi, al fine di valorizzare le loro strutture di pregio, ora restituite alla città.

Andrea Chiesi, Eschatos 1, 2017, olio su-lino, cm 100×140
Andrea Chiesi, Anastasis 4, 2021, inchiostro e pennarello su carta, cm 25×35